Il mio amore per Oscar Wilde è nato tutto intorno ai suoi aforismi; ironia, wit, cinismo, brillanti verità retoriche: in due righe due, Wilde sembrava consentire un accesso discreto ma efficace al profondo della vita e alle sue contraddizioni.
Poi ho smesso gradualmente di credere negli aforismi, che sono buoni e giusti per tante cose ma non per dire la verità: ché la verità merita un rispetto e un respiro diversi dal piè di pagina di una Smemoranda. E tanto meno gli aforismi son buoni per fare letteratura.
Ma l’amore per Wilde è rimasto; perché?, mi sono chiesto. Vaffanculo, mi sono risposto, prova a scriverlo tu un incipit come questo:
The studio was filled with the rich odor of roses, and when the light summer wind stirred amidst the trees of the garden there came through the open door the heavy scent of the lilac, or the more delicate perfume of the pink-flowering thorn.
Poi se ne riparla.
(Dorian Gray, naturalmente)