Amo le statistiche, specie quelle su me stesso. Mi piace interrogarmi su quanto spesso faccio le cose, su come le faccio, sull’approccio che ho, sulla frequenza. In parte perché sono curioso; in parte, sul lavoro e non solo, sapere come uso il mio tempo è un modo per essere più bravo, più veloce, per migliorarmi.

Quindi, incuriosito, ho dato un’occhiata a Email Meter. Nella sua versione gratuita, Email Meter produce un reportino mensile con un po’ di informazioni sul modo in cui usi la posta elettronica: quante e-mail hai mandato, quante ne hai ricevute, quanto tempo ci metti per rispondere, quali sono gli orari in cui invii o ricevi più spesso, eccetera.

Considerando la valanga di messaggi che riceviamo e mandiamo, è un giochino divertente per guardare dall’alto alcune dinamiche in cui siamo talmente immersi ogni giorno.

E insomma, ecco il tipo di reportino che ti manda (i numeri sono casuali, non è una statistica reale):

I valori assoluti sono interessanti così come lo sono, forse ancora di più, le variazioni percentuali rispetto al mese precedente con relativa freccetta.

Invece i colori con cui sono rappresentate quelle percentuali mi tirano fuori dai gangheri.

Non serve essere designer per conoscere l’equazione visiva:

  • rosso = male, allarme, attenzione
  • verde = bene, tutto liscio, daje tantissimo

Ora, caro Email Meter: chi ti ha detto che ricevere più messaggi sia una cosa buona? Chi ti ha detto che mandarne di più sia una cosa buona? E persino: chi ti ha detto che rispondere più velocemente lo è?

Mi vengono in mente un milione di possibili ragioni per cui ricevere meno messaggi sia meglio. È il mio caso: nella posta elettronica del lavoro ricevo anche gli alert dei sistemi non funzionanti. Quando un sistema non funziona, vengo inondato di messaggi di allarme. Ecco, statisticamente, questi messaggi sono molti di più di quelli che normalmente ricevo da persone reali. Quindi è probabile che una diminuzione delle e-mail ricevute sia per me una cosa buona. Se usassi questo sistema con la posta del lavoro, avrei indicatori rossi che forse dovrebbero essere verdi.

Lo stesso emailMeter sembra riconoscerlo quando propone di passare alla versione a pagamento con questo bel banner:

Alice è preoccupata che i suoi collaboratori non vadano in burnout. Ora: non so come siano i colori dei report che vede Alice. Ma se i suoi collaboratori (o Alice stessa) sono accolti da un bel verde quando questo mese hanno ricevuto più messaggi di quello scorso beh, non sono sicuro che questo sia un buon modo per prevenire il burnout.

È un po’ meno ovvio, ma riesco a immaginare una serie di ragioni per cui anche il tempo di risposta non sia un valore a cui assegnare positività o negatività a priori. Per me è cosa buona ridurre il tempo medio di risposta (mi piace non far aspettare chi mi scrive); ma, per esempio, per una persona che fa un uso compulsivo dell’e-mail potrebbe essere interessante aumentare quel valore e prendersi del tempo per rispondere meglio.

E così facciamo il giro e torniamo alla questione della produttività. Mail Meter, molto americanamente, scambia il numero di mail con un indice di produttività piuttosto vuoto in sé: non importa se scrivi cose intelligenti, se dai risposte intelligenti, se selezioni i tuoi messaggi. Non importa il tuo workflow: io, di default, ti dico che devi scrivere di più, ricevere di più, rispondere più veloce.

Attenzione, di nuovo, quei valori sono interessantissimi. Il punto è che non deve decidere un software (a livello visivo) se sono valori positivi.

La user interface qui suggerisce con una scelta di colore una sorta di giudizio che l’utente dovrebbe dare di sé stesso e del suo lavoro. La scelta non è solo arbitraria; è (passatemi il termine poco adatto al contesto) una scelta violenta.